La prima sala
Dalla scalinata laterale di ingresso, sottostante la loggetta delle
bifore, si accede alla prima sala del Palazzo di Bonifacio VIII,
scandita al centro da un grande arco di pietra terminante su
interessanti capitelli in stile cistercense - borgognone.
Sulla parete ovest, in uno dei tratti di maggior spessore della
muratura medievale, si apre il varco per raggiungere il monastero settecentesco
addossato all’edificio papale. Dallo stesso lato sale la splendida scala elicoidale in pietra
che, posta all’interno dell’antico torrione circolare d’angolo del Palazzo, porta al piano
aperto alla visite.
La loggetta delle bifore
La loggetta, illuminata da sei bifore, è un passaggio coperto verso le
sale più importanti del piano. E’ stata restaurata nel 1921 in occasione
del VI centenario della morte di Dante Alighieri. La copertura originaria
era sostenuta da un archetto trasversale, incassato nel muro a metà
del ballatoio, ed era protetta da un cordolo in pietra, che corre a 15 cm
dall’attacco del tetto attuale. Nella muratura si vedono ancora i fori per
l’alloggiamento dei travi antichi. Dall’ultima bifora in fondo si scorge un tratto notevole
delle mura in opera quadrata dell’acropoli cittadina.
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© Palazzo Bonifacio VIII 2012
Sicut regia solis erat ...
La Sala delle Scacchiere
La Sala delle Scacchiere è un grande ambiente rettangolare,
con doppia volta a crociera e arco trasversale centrale e
portante, che scende fino al livello del pavimento.
Il nome della sala deriva dall’affresco della parete est, dove
forme quadrilobe iscrivono delle scacchiere, con fiori ad otto
petali elicoidali negli spazi intermedi. Questo tipo di decorazione quadriloba, elaborato
soprattutto in ambiente giottesco, trova pochi confronti, rintracciati a Firenze, Sermoneta
ed Assisi e databili alla fine del XIII sec. L’inconsueta inserzione delle scacchiere rimanda
al gioco degli scacchi, simbolo cavalleresco del campo di battaglia e della strategia
militare, ma anche passatempo cortese, come documenta la coeva letteratura amorosa,
dove il fulcro della narrazione è appunto la descrizione di una partita tra il cavaliere e la
dama. Nel registro inferiore della parete corre una cornice a racemi vegetali e uno zoccolo
a finti pannelli marmorei rettangolari.
La parete opposta reca un affresco a losanghe irregolari, ognuna delle quali contiene un
fiore a otto petali iscritto in una circonferenza. Questo motivo era molto diffuso nell’arte
decorativa del XIII sec. e costituiva uno dei disegni più comuni delle stoffe da tappezzeria
o da abbigliamento.
Infine, la parete sud conserva due strutture decorative: sulla metà destra compaiono
maglie cruciformi con fiori a otto petali, che incastonano spazi quadrilobi con borchie
circolari al centro; nella metà sinistra ci sono cerchi tangenti, che iscrivono uccelli
somiglianti a fagiani, che si fronteggiano oppure guardano a est e a ovest. Quest’ultimo
motivo è confrontabile con i ricami del piviale e della pianeta di Bonifacio VIII, conservati
nel Museo della Cattedrale di Anagni. Al di sopra di questa fascia si trova dipinto un
giardino fiorito, secondo uno schema tipico della pittura parietale romana di età imperiale e
di nuovo diffuso tra il XIII e il XIV sec. nelle decorazioni delle case.
Nell’angolo nord-occidentale della sala restano anche i pilastrini e le mensole dell’antico
camino a pianta semicircolare.
E’ in questo ambiente che la tradizione storica locale riconosce la famosa “Sala dello
Schiaffo” a Bonifacio VIII.
La Sala delle Oche
La Sala delle Oche, simile alla precedente per dimensioni e
partitura architettonica, è illuminata da una grande bifora sulla
parete est, dalla quale si scorge il campanile della Cattedrale di
Anagni. Era riscaldata in antico da un grande camino ora murato:
è ancora riconoscibile la canna fumaria, che taglia la parete
meridionale fino alla volta. Su questo lato si conserva la decorazione pittorica a cerchi
tangenti con fiori a otto petali elicoidali, che costituisce una variante dello schema
geometrico già incontrato nella parete sud della Sala delle Scacchiere e che deriva da
disegni riempitivi particolarmente diffusi per le stoffe del XIII sec. Nel registro superiore si
vede la parte inferiore del corpo di un uccello e la fascia ornamentale con i gigli lungo la
curvatura dell’arcata.
Sulla parete ovest si può ammirare il grande affresco che dà il nome alla sala, composto da
da riquadri romboidali policromi e perlinati, che contengono figure di volatili genericamente
descritti come oche dal colore del piumaggio. In realtà si rintracciano circa 12 specie di
uccelli, diversi per forma del becco e lunghezza dei colli, per posizione dell’occhio e
grandezza del corpo, distribuiti simmetricamente a due a due. Ne risulta una sorta di atlante
su parete della cacciagione dell’epoca (pivieri, trampolieri, pernici, anatre selvatiche, ...),
ispirato alla classificazione degli uccelli contenuta nel trattato di falconeria De arte venandi
cum avibus, attribuito a Federico II di Svevia e conservato in codici manoscritti e miniati
redatti dopo la morte dell’imperatore.
La Sala del Giubileo
L’attuale Sala del Giubileo corrisponde all’antico loggione
aggiunto durante le fasi di ampliamento e completamento dell’ala
sud del Palazzo. L’ambiente è sostruito da grandi arconi in
pietra, che si possono ammirare esternamente dal Vicolo San
Michele. Sulla parete nord, a più di 7 m d’altezza, si collocavano
4 mensoloni di appoggio ad un posto di sentinella aggettante: oggi se ne conserva uno
solo. Dai finestroni della sala si vede un’amplissima porzione della Valle del fiume Sacco, e
di fronte i Monti Lepini orientali, con i paesi di Sgurgola, Morolo, Supino e Patrica,
sovrastata dal dantesco Monte Cacume; a sinistra si notano Ferentino, Fumone e
Frosinone; sulla destra i Colli Albani, la Campagna Romana e Palestrina. E’ evidente da qui
la posizione del Palazzo favorevole all’avvistamento e al controllo del territorio e delle sue
vie di comunicazione.
Il complesso edilizio
Il Palazzo di Bonifacio VIII è
unito alla casa delle Suore
Cistercensi della Carità
(www.suorecistercensi.org).
La Congregazione religiosa,
fondata dall’anagnina Claudia
De Angelis (1675-1715), ha
acquisito la proprietà
dell’edificio nel Settecento,
ingrandendo il convento e
destinando negli anni le sale
del Palazzo a educandato,
convitto, foresteria, scuola.
Oggi il Palazzo appartiene
dunque a un complesso
edilizio molto ampio e
articolato, mentre nel
medioevo sorgeva isolato e
circondato da una zona verde
di rispetto a nord-ovest.
La stratificazione di usi e la
memoria storica anche
recente del Palazzo rendono
la visita ancora più
suggestiva.
LE STANZE DA VISITARE